Sembra strano, ma il "cinema di genere" in Giappone non si è sempre basato su videocassette killer, fantasmi che camminano sulle braccia, ecc...
C'è stato un cinema Giapponese dove donne sexy e spietate erano le protagoniste indiscusse delle pellicole,dove si univa il meglio della cultura nipponica degli anni 70 in un vortice di sesso, violenza e furore.
Era il così detto "Pinky Violence", genere cinematografico del filone sexploitation, un genere già in voga in america nella metà degli 60, grazie al regista Russ Meyer.
La cosa interessante di questo genere, non era solo la violenza estrema e sanguinaria che ne scaturiva, ma il capovolgimento delle strutture classiche di questo genere di film, un capovolgimento che ci mostrava la donna come protagonista indiscussa di questo tipo di pellicola (ruolo che invece veniva sempre rilegato alla figura maschile). Una donna portata ad odiare, ribellarsi e combattere, contro non solo l'uomo, ma contro le stesse istituzioni maschiliste da lui rappresentate (polizia, colonialismo, carcere, yakuza, religione).
Capostipite di questo genere fu senza dubbio "Norifumi Suzuki", regista che oltre a lanciare questo tipo di genere, lanciò sul grande schermo l'attrice "Reiko Ike", attrice dal carattere ribelle e complesso, che nel tempo farà parlare di se per i suoi problemi legati alla droga e al gioco d'azzardo.
L'attrice diventò una vera e propria icona del genere, grazie ai film "Sex and Fury" e al sequel "Female Yakuza Tale: Inquisition and Torture".
La riscoperta di questo genere si deve senza dubbio al regista Quentin Tarantino, il quale riuscì a inserirei tributi e citazioni nel suo ormai leggendario film "Kill Bill Vol 1", infatti le scene riguardanti O-Ren Ishii (Lucy Liu), non sono altro che un tributo a personaggi femminili come quello di Ochò Inoshika (Reiko Ike) nel film Sex and Fury o quello di Yuki Kashima (Meiko Kaji), nella leggendaria pellicola Lady Snowblood.
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